La solitudine è una nota dominante nelle poesie di Elena Bono, ed è per questo che, sovente, ella si rivolge alla luna, cui si sente accomunata da uno stesso destino: «O solitudine / come alta e fitta intorno / mi sei cresciuta». La solitudine di cui soffre Elena non è l’assenza di compagnia. La percezione di una solitudine ultima caratterizza infatti soprattutto l’esperienza d’amore. In "A sé stessa", scritta negli anni giovanili, la poetessa descrive cosa accadeva nel suo cuore quando qualcuno si innamorava di lei. Una forza misteriosa respingeva e allontanava il cuore dell’innamorato dal suo:
«Quando tu soffri e ti sconforti
che in nessuno ti puoi fermare
perché sempre qualcosa ti allontana,
nel più profondo io non ho compassione di te».
(Fisherman At Sea-Joseph Mallord William Turner) |
Elena racconta che suo padre, leggendo questi versi, pensò che la figlia non si sarebbe mai sposata. E infatti lei, già terziaria francescana, chiese di entrare in convento. Ma un padre gesuita di Roma la consigliò diversamente: «No, figlia mia. Tu sai che quello che devi fare non potresti farlo in un convento».
In quel momento capì che scrivere era la sua vera chiamata, una vocazione che avrebbe vissuto in solitudine e perenne atteggiamento di ascolto. «In fondo sono sempre stata sola. Anche quando mi sono sposata». E non perché non amasse il marito Gian Maria Mazzini, cui ha dedicato due poesie, e che le è stato fedele compagno nel lavoro e nella vita. Elena comprende di essere sola davanti a Dio, la sola a poter svolgere il compito che Dio ha pensato esclusivamente per lei. "A sè stessa" si conclude così:
«Tu dovresti saperlo che chi porta in cuore un dio,
non ha altra casa che il cuore degli dei».
Ma il cuore non è destinato a restare ramingo e solitario, se risponde a ciò per cui è fatto: «Luna luna non piangere perché sei sola. / Il cuore più solitario di tutti / a tutti appartiene». La sua poesia diventa così il canto per tutti coloro che il suo cuore incontra, in tutte le circostanze storiche, personali. Elena è chiamata a «cantare» per tutti coloro che hanno sofferto durante la Resistenza, gli orrori del Novecento e dei totalitarismi, per l’Italia del dopoguerra, per annunciare la vera speranza a tutti i suoi fratelli uomini.
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